Saito - Ricordi nella memoria

di Francesco Bruno

 

Mi sembra giusto salutare la scomparsa di questo grande dell'Aikido con qualche parola di ringraziamento. Inoltre, avendo avuto modo di partecipare personalmente ad alcuni dei suoi stage che si sono tenuti tra il 1999 e il 2001, posso descrivere qualche impressione da me ricevuta in tali occasioni.

Premetto che Morihiro Saito non é stato il mio maestro, né è stata la sua scuola quella che ha plasmato il mio modo di praticare Aikido. La sua standardizzazione dei kata di ken e di jo è stata, però, accolta da tutte le scuole e correnti dell'Aikido in Italia e nel mondo. Esporrò quindi brevemente ciò che ho potuto cogliere dal suo insegnamento durante quelle giornate di pratica prima della sua scomparsa.

La mia pratica delle arti marziali comincia con il Karate e poi passa all'Aikido sotto la guida del maestro Cesaratto.

Verso la fine degli anni '90 decido di partecipare al primo stage con il maestro Morihiro Saito, ne avrei seguiti altri due negli anni successivi.

L'anno precedente avevo partecipato allo stage di suo figlio: il maestro Hitohiro Saito, già sulle orme del padre e seriamente impegnato con l'Aikido a Iwama e nel mondo. Questa prima esperienza d'Aikido con il futuro erede della scuola Takemusu Aiki, con sede ad Iwama, si rivelò piuttosto sconcertante. Mi resi conto che lo stile che vi si praticava era piuttosto diverso da quel cui ero abituato, vale a dire lo stile Aikikai introdotto dal maestro Tada in Italia.

Lo stile Iwama praticato dal maestro Hitohiro Saito mi appariva piuttosto strano, per via delle posizioni che erano dissimili da quelle che mi erano state insegnate precedentemente. Lo stesso Hitohiro Saito si accorse che non avevo la stessa impostazione di base dei suoi allievi e me la corresse diverse volte. Non entro nel merito della correttezza di tali posizioni, devo in ogni modo riconoscere che ciascun maestro ha un suo stile più o meno personale che adatta secondo la propria conformazione fisica. Lo stile Iwama di Hitohiro Saito prevede comunque una posizione più chiusa e leggermente curva rispetto a quella Aikikai. Con questo, non voglio sostenere che sia sbagliata, ma che, probabilmente, ha le sue ragioni d'essere che, però, la mia abitudine e convinzioni personali avevano ad un primo impatto rifiutato di accettare.

Dopo alcuni anni di pratica dell'Aikido ho però riveduta questa mia posizione, rendendomi conto che, ad ogni stage, bisogna cercare di seguire l'insegnamento di quel particolare maestro e non rifiutare a priori ciò che si oppone alle nostre convinzioni.

Alla prima esperienza con Hitohiro Saito mi trovai allora piuttosto deluso anche perché in un'occasione mi fece notare che la mia postura non esisteva in alcun'arte marziale che si potesse dire giapponese. L'anno seguente vide finalmente l'arrivo qui a Roma di suo padre Morihiro Saito e a quel punto fui ansioso di parteciparvi poiché volevo vedere se tutto corrispondeva esattamente all'insegnamento di suo figlio. Nel 1999 Morihiro Saito non era forse potente come quello che si poteva intravedere nei suoi filmati ma lasciava, in ogni caso, intravedere a sprazzi l'energia del passato. La sua forma preferita di base, credo sia il Tai no Henka, infatti, è con questa che inizia spesso le sue lezioni. L'importanza di questo Tai Sabaki risiede nell'esercitare il movimento dell'anca con l'uso del Kaiten .

Ho potuto costatare che una caratteristica di questo stile Iwama è l'attenzione ai minimi dettagli nei movimenti del corpo e, in particolare, nello spostamento delle gambe, unita ad una certa potenza nell'esecuzione delle tecniche. Particolare attenzione e meticolosità erano dedicate alle posizioni e agli spostamenti dei piedi, che, dovevano sempre essere coordinati in modo da consentire una corretta esecuzione della tecnica ed evitare un possibile intralcio con il partner.

Inoltre, nel corso degli stage cui ho partecipato, Morihiro Saito ha sottolineato l'importanza di esercitarsi prevalentemente nello stile solido Tanren. Gli è stato chiesto se mai praticasse in uno stile più fluido come il Ki no Nagare al chè ha risposto che lui avrebbe anche potuto esercitarsi in uno stile fluido ma che, però, bisognava dedicare la maggior parte del tempo dell'allenamento al Tanren. Secondo lui era semplice praticare Ki no Nagare se prima ci si era esercitati sufficientemente in Tanren e affermava inoltre, che, lo stesso Ueshiba affermava che l'Aikido doveva essere potente.

Un altro punto su cui si soffermava spesso consisteva nel tener conto che quando ci si esercitava nelle tecniche di tai jutsu bisognava considerare le armi e viceversa quando si praticava con le armi bisognava pensare all'utilizzo senza armi.

Il maestro Saito ha sempre sostenuto che il suo Aikido proveniva direttamente dagli insegnamenti del fondatore e che, in seguito, gli eredi di Ueshiba hanno in parte modificato. In effetti, esistono delle differenze abbastanza evidenti tra gli stili di Aikido adesso presenti nel mondo. Questi vanno sempre più diversificandosi mano mano che trascorrono gli anni ma questo è un processo inevitabile poiché esistono diversi maestri e nessuno ha una struttura corporea identica ad un altro e, credo, che questo non risparmi nemmeno la sua associazione in quanto una certa evoluzione o involuzione che dir si voglia è inevitabile nell'arte marziale.

Personalmente, essendo stato anche praticante di Karate ho potuto constatare che in questa disciplina esistono anche maggiori differenze tra gli stili in quanto l'origine è perduta nei tempi. I kata di karate sembrano incomprensibili ai nostri giorni e non si riesce più a riconoscere l'applicazione esatta corrispondente ai vari movimenti.

L'arte marziale è, comunque, qualcosa sempre in continua rielaborazione e questo, credo, serva a mantenerla viva e attuale a condizione che non si svilisca con movimenti inefficaci, innaturali o barocchi, nel senso di movimenti artificiosi e forse anche belli, ma inconsistenti dal punto di vista marziale.

Un episodio che ricordo con piacere è quando mi scelse in un'occasione come Uke. Mi chiese di fargli la tecnica del Kaiten Nage e a quel punto fui felice di avere quest'opportunità in quanto per me Saito rappresentava il non plus ultra dell'Aikido mondiale. In quell'occasione nel momento in cui cercai di abbassargli il capo per eseguire la tecnica si liberò della mia presa e mi trovai a mani vuote destando qualche risata d'ilarità.

Un'altra cosa che mi colpì allora fu quando parlò di magnetismo. Avevo già sentito questa parola ma non avevo mai creduto che si potesse applicarla al posto di una presa nell'eseguire le tecniche. Eseguire il Kaiten Nage mantenendo solamente il contatto del polso con l'Aite mi ha influenzato positivamente verso una pratica più spirituale.

L'ultima volta che ho potuto vederlo è stata circa un anno fa, in quell'occasione mi sembrava sensibilmente indebolito anche se riusciva in ogni caso a mantenere una postura e una dignità ancora solide che credo abbia mantenuto sino alla sua morte.